Ho conosciuto Giovanni Lazzarini quando avevo sedici anni e partecipavo alle riunioni organizzative del Movimento Studentesco che si tenevano nelle stanze dietro il Bar Menghino. A queste riunioni si respirava un clima bohemien, a cui contribuiva non di rado lo stesso Menghino con interventi colti e appassionati. Siamo nel 68: il clima è molto caldo: assemblee, riunioni, scioperi manifestazioni, volantinaggi, seminari, occupazioni, si susseguono ad un ritmo vorticoso. L’impegno collettivo era eccezionale: le mobilitazioni, le manifestazioni che inondavano Viareggio, come le altre città, erano effettivamente momenti di “massa”: la partecipazione spontanea enorme.
“Operai-studenti uniti nella lotta” era uno degli slogan più ritmati nei cortei studenteschi, così come nelle tante manifestazioni sindacali, scioperi generali per le riforme, per i contratti, contro le guerre (in primo luogo quella del Vietnam), per la democrazia, contro i rigurgiti fascisti e la strategia della tensione. In quegli anni si viveva in un clima “rivoluzionario”: ci sentivamo parte di un grande movimento che, in moltissimi Paesi e contemporaneamente, poneva l’esigenza di una trasformazione radicale, in senso democratico ed egualitario: lo faceva a volte in maniera confusa, caotica, ingenua, ma sicuramente vera, autentica. Un movimento che ha notevolmente inciso -e continua ad incidere- nella società: nella politica, nel costume, nella cultura, nell’arte in Italia, in Europa, in tanta parte del mondo.
Menghino era sempre presente, con la sua passione di artista indomito, in quei movimenti di lotta. Ha avuto uno speciale rapporto anche con significative realtà del cattolicesimo di base, i preti operai di Viareggio che erano una realtà- capofila a livello nazionale: iniziata dagli anni Sessanta da Sirio Politi e da Rolando Menesini e proseguita poi insieme a Beppe Socci e a Luigi Sonnenfeld. L’officina di Bicchio e la sala riunioni della Chiesetta del Porto erano un riferimento costante e fecondo per discutere sui temi scottanti proposti dal giornale dei preti operai “Lotta come amore” e per organizzare iniziative a fianco delle lotte operaie, e promuovere e partecipare alle lotte per la pace, contro le guerre che insanguinano il mondo”.
Nasce da questo rapporto la proposta di Menghino, accettata con slancio da don Sirio, di affrescare la parete della Chiesetta del Porto col suggestivo “Cristo dei Pescatori” Ho avuto modo, negli anni, di conoscere Menghino più da vicino. Mia moglie Rita è cugina di Giovanni Lazzarini: suo padre era fratello della madre di lui. Anche per questo ho potuto frequentarlo più spesso negli ultimi anni della sua vita: nella sua casa di Torre del Lago, piena delle sue belle opere pittoriche, bronzee, vitree, in lunghe e appassionate discussioni a “tutto tondo”.
E con grande piacere, insieme alla figlia Giovanna, promuovemmo, nel 2006 a tre anni dalla sua scomparsa, una bella Mostra delle opere del caro Menghino nel Palazzo Panciatichi a Firenze, la prestigiosa sede del Consiglio Regionale della Toscana. Viareggio deve raccogliere e valorizzare la grande eredità culturale, artistica, umana di Giovanni Lazzarini, raffinato uomo di cultura e grande e poliedrico artista: pittore, scultore, poeta di talento, e, insieme, uno dei più creativi e corrosivi maghi del nostro Carnevale: questa mostra è un fatto significativo e importante in questa direzione.
Legatissimo alla sua Viareggio, ai suoi pescatori, ai lavoratori delle darsene, al mare. Una persona con grandi doti di sensibilità umana, di generosità, di forte spirito di solidarietà, partecipe da protagonista ai grandi movimenti di trasformazione sociale e politica. Resterà un riferimento di grande importanza per Viareggio, e non solo, soprattutto per le giovani generazioni con cui ha sempre avuto uno speciale rapporto.
Marco Montemagni, Assessore e Consigliere della Regione Toscana