Roberto Rozzuoli

Da “Caro Giovanni”

Giovanni, per me è Giovanni e no “Menghino”, perché? Perché noi venivamo a Viareggio da Firenze dove mio babbo aveva una piccola galleria d’arte, una di quelle che ora sarebbe classificata come di “nicchia”. Il gallerista e, tantomeno, il mercante non era il suo lavoro ma, da collezionista, aveva iniziato un percorso con un amico, che era nel settore, e aprirono due stanze in centro a Firenze a un primo piano raggiungibile con una scala a chiocciola di pietra il cui disegno era attribuito nientemeno che al Vasari.

Nella “Saletta Conti” passarono tanti artisti, alcuni già famosi, ma perlopiù emergenti, uno di questi era Giovanni. Mio padre strinse con lui una forte amicizia e spesso, il fine settimana d’inverno, andavamo a trovarlo a Viareggio, uscivamo dall’autostrada ed entravamo nei capannoni di lamiera adibiti a cantieri per i carri del Carnevale, per un adolescente era una scoperta fantastica; all’ora di pranzo spesso ci invitava in una specie di capanno in darsena quando ancora non c’erano gli stabilimenti balneari e al di là di una stradina sterrata c’erano le dune di rena e poi, il mare.

Nel silenzio di quella “baracca” isolata Giovanni dipingeva e mi ritorna in mente l’odore delle vernici che si mischiava al profumo della spaghettata di pesce che ci preparava, a noi amici che venivamo da Firenze a trovarlo. Ma, tra tutti i ricordi, forse il più caro è un quadro, la darsena di Viareggio. Che sul retro della tela riporta la dedica di Giovanni, un regalo alla mia mamma fatto col cuore.

Grazie Giovanni.

Roberto Rozzuoli.