Claudio Vecoli

Menghino e il Carnevale di Viareggio

2018

Di Mare e Di Terra

“Sia pur trattata in modo solo marginale all’interno di questa mostra, l’attività pluridecennale di Giovanni Lazzarini nel Carnevale di Viareggio ha rappresentato uno dei tratti caratterizzanti della sua attività artistica e, parallelamente, della sua personalità. Contribuendo per altro ad accrescere la popolarità anche al di fuori degli ambienti più squisitamente intellettuali. Del resto la sua presenza nel mondo della cartapesta – a differenza di alcuni artisti del suo periodo che in quel caso si sono avvicinati al Carnevale senza particolare entusiasmo e spesso più per una convenienza economica che per un vero coinvolgimento – non è certo passata inosservata.

Al contrario, soprattutto nel periodo degli esordi fra i carri grandi, Menghino ha segnato un’epoca gettandosi in questa avventura con l’intento di scatenare negli spettatori passioni (ma anche repulsioni) e dando sempre una connotazione politica e ideologica alle sue opere. Così a cavallo degli anni sessanta e settanta del secolo scorso, insieme a Silvano Avanzini e Arnaldo Galli, è stato fra coloro che hanno introdotto la satira politica nel Carnevale di Viareggio anche a costo di subirne le conseguenze (leggi censura) sulla propria pelle. Giovanni Lazzarini si affaccia nel mondo del Carnevale negli anni 50, cimentandosi nei primi complessi mascherati e lavorando gomito a gomito con i grandi maestri del passato.

Del resto, si tratta di un avvicinamento per certi versi quasi scontato, visto che la moglie Bianca è la sorella di Uberto Bonetti, artista di primo piano, ma anche papà di Burlamacco e autore di molti manifesti e bozzetti dei carri. Menghino , che non nasconde certo la sua militanza di sinistra, fin da subito traduce nel linguaggio della cartapesta i temi di satira politica italiana e internazionale. E non a caso il suo carro di gran lunga più celebre sarà “ARRIVA MAO” (anno 1970), un gigantesco gatto che rappresenta la minacciosa Cina comunista e che strappa con i suoi artigli in segno di sfida una bandiera americana (dettaglio, quest’ultimo, fatto rimuovere già al secondo corso mascherato dalla magistratura che ipotizza il reato di oltraggio alla bandiera di uno Stato straniero).

Un’opera con cui Lazzarini vincerà il suo primo premio fra i carri grandi e che resterà impressa nell’immaginario collettivo del Carnevale di Viareggio come uno dei più potenti e riusciti carri di satira politica mai sfilati sui viali a mare. Quasi tutte le sue costruzioni – in questa prima fase – hanno però una connotazione “militante” molto forte. Che spesso gli comporta più di un grattacapo . Una delle sue realizzazioni più controverse risale già al 1963 quando firma il complesso “Porcherie d’oggi”, dove sono rappresentati sei chierichetti con la testa di maiale vestiti con toghe rosse e cotte candide che fanno il funerale a un cavallo.

Quella che inizialmente doveva essere una critica alle sofisticazioni alimentari dell’epoca diventa in realtà una tutt’altro che velata satira contro la Chiesa. Scoppia così la polemica e il giorno successivo i mascheroni vengono sequestrati. In più scatta una denuncia per “ offesa alla religione di Stato”. Quell’anno non vincerà il primo premio, ma la sua sarà l’opera che farà più discutere di ogni altra.

Altra costruzione destinata a scatenare polemiche è invece quella con cui esordirà nell’Olimpo della cartapesta. Siamo nel 1968 e il suo primo carro grande- “Il padrone”, firmato insieme a Oreste Lazzari- diventa subito bersaglio della censura. Dopo il primo corso mascherato, dagli occhi del mostro che domina il carro viene fatta togliere la foto dell’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro, sostituita da una più generica “TV”.

Nel 1976 Giovanni Lazzarini abbandona il Carnevale di Viareggio per dedicarsi alla pittura. Ma il suo sarà un distacco a tempo visto che- dopo una fugace apparizione nel 1984 quando firma il bozzetto “Maghi, diavoli e scaramanzie” di Carlo ”Bocco” Vannucci – vi tornerà in maniera continuativa all’inizio degli anni 90 grazie ad un fertile sodalizio con Renato Verlanti.

All’interno della coppia Menghino si ritaglierà il ruolo di protagonista e super visore artistico (la sua mano è particolarmente evidente sia nella scelta dei temi che in quella dei colori), mentre Verlanti metterà a frutto le sue grandi competenze tecniche. Un tandem ben assortito che fra il 1994 e il 1999, permetterà ai due di portarsi a casa ben cinque primi premi fra i carri di prima categoria.

L’ultima apparizione da progettista risale al 2003, quando firma con Verlanti “Le sinistre ossessioni del Cavaliere”, trasformatosi nel suo carro d’addio. Pochi giorni dopo la lettura del verdetto(si piazzerà al secondo posto) Menghino si spegnerà nella sua camera da letto.

Il Carnevale perde uno dei suoi interpreti più originali ed efficaci. Anche se la sua eredità artistica verrà portata avanti dai nipoti Uberto e Luigi Bonetti che proprio Lazzarini ha voluto introdurre nel mondo della cartapesta.”

2018, giornalista Claudio Vecoli

Da “Il Tirreno”

03/2018

Menghino: arte, satira e cartapesta militante

Villa Paolina omaggio a Giovanni Lazzarini

Sia pure trattata in modo solo marginale all’interno della mostra in corso Palazzo Paolina, l’attività pluridecennale di Giovanni Lazzarini nel mondo del Carnevale di Viareggio ha rappresentato uno dei tratti caratterizzanti della sua attività artistica e, parallelamente della sua personalità. Contribuendo per altro ad accrescere la popolarità anche al di fuori degli ambienti più squisitamente intellettuali.

Del resto la sua presenza nella cartapesta- a differenza di alcuni artisti del suo periodo che in qualche caso si sono avvicinati al Carnevale senza particolare entusiasmo e spesso più per una convenienza economica che per un vero coinvolgimento non è certo passata inosservata. Al contrario, soprattutto nel periodo degli esordi dei carri grandi, Menghino ha segnato un’epoca gettandosi in questa avventura con l’intento di scatenare negli spettatori (ma anche repulsioni) e dando sempre una connotazione politica e ideologica alle sue opere.

Così a cavallo degli anni sessanta e settanta del secolo scorso, insieme a Silvano Avanzini e Arnaldo Galli, è fra coloro che hanno introdotto la satira politica nel Carnevale di Viareggio anche a costo di subirne le (legge censura) sulla propria pelle. Giovanni lazzarini si affaccia al mondo del Carnevale negli anni 50, cimentandosi nei primi complessi mascherati e lavorando gomito a gomito con i grandi maestri del passato.

Del resto si tratta di un avvicinamento per certi versi quasi scontato, visto che sua moglie Bianca è la sorella di Uberto Bonetti, artista di primo piano, ma anche papà di Burlamacco e autore di molti manifesti e bozzetti di carri, Menghino, che non nasconde certo la sua militanza di sinistra, fin da subito traduce nel linguaggio della cartapesta i temi della satira politica italiana e internazionale.

E non a caso il suo carro di gran lunga più celebre sarà ARRIVA MAO (anno 1970), un gigantesco gatto rosso che rappresenta la minacciosa Cina comunista e che strappa  con i suoi artigli segno di sfida una bandiera americana (dettaglio, quest’ultimo, fatto rimuovere al secondo corso mascherato dalla magistratura che ipotizza il reato di oltraggio alla bandiera di uno Stato straniero). Un’opera con cui Lazzarini vincerà il suo primo premio fra i carri grandi e che resterà nell’immaginario collettivo del Carnevale di Viareggio come uno dei più potenti e riusciti carri di satira politica mai sfilati sui viali a mare.

Quasi tutte le sue costruzioni – in questa prima fase – hanno però una coontazione “militante” molto forte. Che spesso gli comporta più di un grattacapo. Una delle sue realizzazioni più controverse risale già al 1963 quando firma il complesso “Porcherie d’oggi”, dove sono rappresentati sei cherichetti con la testa di maiale vestiti con toghe rosse e cotte candide che fanno il funerale al cavallo.

Quella che inizialmente doveva essere una critica alle sofisticazioni alimentari dell’epoca. Scoppia così la polemica e il giorno successivo i mascheroni vengono sequestrati. In più scatta una denuncia per “offesa alla religione di Stato”. Quell’anno non vincerà il primo premio, ma la sua sarà l’opera che farà discutere più di ogni altra. Altra costruzione destinata a scatenare polemiche è invece quella con cui esordirà nell’Olimpo della cartapesta.

Siamo nel 1968 e il suo primo carro grande – IL PADRONE – firmato insieme a Oreste Lazzari – diventa subito bersaglio della censura. Dopo il primo corso mascherato, dagli occhi del mostro che domina il carro viene fatta togliere la foto dell’allora  Presidente del consiglio Aldo Moro, sostituita da una più generica TV.

Nel 1976 Giovanni Lazzarini abbandona il Carnevale di Viareggio per dedicarsi a tempo pieno alla pittura. Ma il suo sarà un distacco a tempo visto che – dopo una fugace apparizione nel 1984 quando firma il bozzetto del carro “Maghi, diavoli e scaramanzie” di Carlo “bocco” Vannucci – vi tornerà in maniera continuativa all’inizio degli anni 90 grazie ad un fertile sodalizio con Renato Verlanti.

All’interno della coppia si ritaglierà il ruolo di progettista e supervisore artistico (la sua mano è particolarmente  evidente sia nella scelta dei temi che in quella dei colori) mentre Verlanti metterà a frutto le sue grandi competenze tecniche. Un tandem ben assortito che, fra il 1994 e il 1999, permetterà ai due di portarsi a casa ben cinque primi premi fra i carri di prima categoria.

L’ultima apparizione da progettista  risale al 2003, quando firma con Verlanti “LE SINISTRE OSSESSIONI DEL CAVALIERE”, trasformatosi nel suo carro di addio. Pochi giorni dopo la lettura del verdetto (si piazzerà al secondo posto) Menghino si spegnerà nella sua camera da letto. Il Carnevale perde uno dei suoi interpreti più originali ed efficaci. Anche se la sua eredità artistica verrà portata avanti dai nipoti Uberto e Luigi Bonetti che proprio Lazzarini ha voluto introdurre nel mondo della cartapesta.

Claudio Vecoli 03/2018