Prefazione
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1991
“Erano “Murali” i primi graffiti che l’uomo (o una donna, nessuno può dirlo con precisione) ha inciso sulle pareti delle caverne che hanno ospitato i primi abitanti della terra. Erano, come si direbbe oggi, un po’ naif: qualche animale, qualche segno che alludeva a forme antropomorfiche. Nessuno saprà mai quale istinto abbia guidato l’inconsapevole artista a formare quelle immagini.
Oggi invece, pretendiamo di sapere tutto sulle ragioni che inducono uomini e donne a rappresentare le vicende del mondo e quelle private con segni, colori, forme. A volte con segni informali e senza colore. In realtà non è vero. Non sappiamo proprio per quale ragione l’immagine di un mare ci può lasciare indifferenti se la vediamo davanti a noi con i nostri occhi anche se ne avvertiamo l’odore e il sapore. Mentre può succedere (a noi è capitato) di emozionarci di fronte ad un mare dipinto da quel grande artista che è Piero Guccione.
Forse ci è capitato di riflettere guardando i graffiti ed i murales che tappezzano le pareti di tante zone di New York. Ma l’emozione che abbiamo provato vedendoli reinterpretati da quel pittore straordinario che si chiama Renzo Vespignani ci ha fatto riflettere sulle tante cose che non sappiamo sull’arte e sulle suggestioni che essa può proporre. Anche in un mondo che sembra fare ogni giorno una sorta di “overdose” di immagini. Riflettevo su tutto questo guardando le figure che Giovanni Lazzarini ( Menghino, per tutti quelli che lo conoscono e lo amano) ha dipinto con il suo personalissimo e popolarissimo linguaggio pittorico sulle pareti della Camera del Lavoro di Viareggio.
Mi accingevo ad inaugurare la nuova immagine (oggi si dice così) del Sindacato versiliese e riflettevo sulla scelta curiosa fatta dai dirigenti di quella Camera del Lavoro. Avevano deciso di rifare la facciata ed avevano incaricato Lazzarini di dipingere un “riassunto”, una specie di “storia per immagini” del lavoro di quella terra. E così compaiono tutte quelle figure che ognuno di noi (anche chi vive lontano da Viareggio), può immaginare rappresentate in quelle pareti: pescatori, lavoratori delle cave, operatori del terziario, operai, e persino un piccolo omaggio a Puccini che viveva (ed ora riposa) a qualche chilometro di distanza tra il rispetto degli abitanti di Torre del Lago e le piccole frotte di turisti che sfidano il caldo e le zanzare per andare a sognare “Butterfly” o la “Fanciulla del west” davanti alla sua scultura deposta su di un praticello verde.
Guardando quelle figure riemerge il ricordo dei graffiti degli amici dell’uomo di Neanderthal : le imprimevano su quelle pareti per quel bisogno insopprimibile che l’uomo ha di comunicare le proprie emozioni, i propri sentimenti. Ecco, mi sembrava che Lazzarini avesse assunto volentieri la “commessa” di dipingere le pareti. Avevo anche l’impressione di sentire le “raccomandazioni” dei miei colleghi sindacalisti: “mi raccomando, mettici questo! Non ti dimenticare di quelli là!” ed ho letto nei suoi occhi leali e furbi, come quelli di quasi tutti i veri artisti che conosco, la gioia di poter dire contemporaneamente un “si” pieno di sincerità, sapendo poi che la sua ispirazione, la sua sensibilità, la sua mano avrebbe preso una strada autonoma.
Quella “autonomia” a cui nessun artista sa rinuciare se ha rispetto di sè e della propria dignità. Ecco, la parola “dignità” è la cosa che ricorda da lontano dell’opera di “Menghino”: dignità del lavoro degli “altri”, ma anche e soprattutto dignità del proprio lavoro. Gli ho detto che mi piaceva quel murale che induceva la gente ad alzare la testa per guardarlo. Ed ho aggiunto che chi “alza la testa” compie il primo gesto istintivo di iscrizione al Sindacato. Il resto viene dopo. Per chi arriva a piedi, in bicicletta, in auto su quello spiazzo che separa la Camera del Lavoro dal parcheggio, da un ponte o dal marciapiede. opposto della strada è impossibile non essere attratti da quelle figure, da quei colori, da quei messaggi.
Alza la testa e scopre che il mondo visto con la testa alzata, con la “schiena dritta” è un mondo più bello più colorato. Ecco, caro Lazzarini, il miracolo della pittura oggi, negli anni del cinema, della televisione non-stop 24 ore, nell’epoca dei rotocalchi e dei giornali a colori: le cose che l’uomo crea con la sua sensibilità ed il suo estro, producono ogni giorno un piccolo miracolo di dignità. Le altre immagini non hanno sempre uguale fortuna.
E soprattutto, durano lo spazio di un batter di ciglia. L’arte, invece, è più forte, duratura, longeva, delle nostre piccole cronache quotidiane. Ed è la ragione per cui uomini come Lazzarini continuano a farla e noi continuiamo ad amarla.”
1991, Segretario Nazionale CGIL Ottaviano del Turco