Viareggio Mostra “Approdi”
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2023
“Pensavo di conoscerlo…”
“Può sembrare strano che uno come me, che da sempre ha avuto la passione dell’arte nel sangue – frequentando ovviamente una marea di fonderie, di studi per la lavorazione artistica e artigianale del marmo, della ceramica e del mosaico, e avendo conosciuto e conoscendo artisti d’ogni livello famosi e poco noti- inizi con tali parole questi appunti su Giovanni Lazzarini (detto Menghino , dal soprannome dato ad un suo parente del trascorso).
E’ una frase che penso possa essere la stessa che in molti sussurreranno nel vedere la completezza, la complessità di quanto viene mostrato nella grande retrospettiva ben organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Viareggio che ne presenta, a distanza di due decenni dalla scomparsa, un esaustivo e ampio “ viaggio “ a complemento dell’indimenticata personale fattagli sempre a Viareggio, a Palazzo Paolina Bonaparte, anni fa.
Grazie alla preziosa collaborazione e alla curatela della figlia Giovanna col marito Carlo Lippi, Viareggio pone all’attenzione pubblica in questa pulsante estate culturale un Giovanni Lazzarini non solo ben noto e apprezzato per l’ampia serie di opere di argomento carnevalesco profonde e autonome dal punto di vista creativo/interpretativo e che da tempo hanno oltrepassato i confini nazionali ma, in coerente linea espressiva, un volto dell’artista che comprende sculture realizzate con le tecniche più varie, dal legno alla creta e alla ceramica, al bronzo o miste, dipinti a olio e ad acrilico, disegni e incisioni, litografie e fotolitografie… in un percorso logico ospitato in massima parte nella storica Villa Paolina Bonaparte, nonché nel Museo della Marineria e presso il Palazzo delle Muse.
Non mancano adeguate documentazioni, persino filmati e fotografie, cataloghi e pieghevoli, per “leggere” l’uomo e l’artista con i suoi “ Approdi “ d’arte e di poesia e quel forte sentimento d’appartenenza alla “sua” Viareggio del lavoro e del sacrificio marinaresco e non solo, peraltro già analizzato e continuamente seguito da molte firme della Cultura contemporanea. Tuttavia mi chiedo, tornando alla mia frase iniziale, è stato davvero compreso in pieno, cioè in toto, il suo lavoro tanto vario e ampio? Non condivido le affermazioni di quanti danno al termine “artista locale” un sapore svalutativo.
Non mi piace la frase “Nemo profeta in patria” Me lo domando partendo dal “disegno” che riassume, nel suo vasto percorso, quella sorta di biglietto da visita che per me, critico d’arte amante della “vecchia maniera” che crede ancora alla “tecnica” specifica quale base in pittura come in scultura, lo fa accostare ad altri creativi del Novecento ormai entrati nella Storia dell’Arte, uno per tutti il grande ritrattista e paesaggista qual è stato Pietro Annigoni che, con i suoi lavori, ha fatto conoscere il lago di Massaciuccoli di pucciniana memoria in ogni parte del globo.
Il “disegno” di Lazzarini è solido ed essenziale, forte e delicato al contempo, persino monumentale, vario ma con una linea espressiva che, dai primi capitoli, si unisce pian piano ai successivi incuneati al corpo marinaresco e al Carnevale, sino ad inserirsi (ecco l’ultimo suo “approdo” , anch’esso intenso e fluido) a fantasie segnico/cromatiche comprendeni un misto tra fumetto, illustrazione e fantasy (da collocare, più o meno, in quella “non arte”, come la definì nel 1964 il francese Claude Beylie).
Sbaglia di gran lunga chi, nel guardare ad esempio le “mani” o certe strutture fisiche del pittore Lorenzo Viani, le accosta unicamente all’opera lazzariniana la quale – semmai – vi si è avvicinata agli inizi della carriera, ma in seguito ha incorporato talune sue esperienze di viaggio e di contatti, avvenuti verso il ‘70 con l‘America Latina (vedasi con i murales), unendo il tutto alla grande conoscenza di un’arte rinascimentale che si sposa a rappresentazioni ricche di richiami simbolici quasi espressionistici. Io stesso, parlando di lui molto tempo fa nel corso di una trasmissione d’arte su un’emittente radiofonica versiliese (Radio Sole) lo confrontai con il titanismo vianesco unendolo al suo impegno in ambito popolare.
Le sue linee grafiche, che ben costruiscono soggetti singoli (per citarne alcuni a caso “Venditrice di pesci” “L. Viani”, “Pescatore con cappello di paglia”…) o di gruppo connessi ad aggregazioni politico/sociali o processioni di fede popolare, pulsano di equilibri cromatici solo suoi, che si materializzano in dipinti di grandi dimensioni su tela e su tavola e negli stessi murales di cui or ora ho fatto cenno.
Interessanti, a tal proposito, gli interventi riportati sul catalogo presentato in occasione dell’inaugurazione del murale della Camera del Lavoro della Versilia ( nel 90° della Fondazione della stessa, 1901-1991) con alcuni scritti tra cui quello di Ottaviano Del Turco a proposito di una “storia per immagini” dove, parole testuali, “vi compaiono tutte quelle figure che ognuno di noi (anche chi vive lontano da Viareggio), può immaginare rappresentate in quelle pareti: pescatori, lavoratori delle cave, operatori del terziario, operai e persino un piccolo omaggio a Puccini che viveva ( ed ora riposa ) a qualche che ne conservano i lavori chilometro di distanza (…)”.Anche Marzio Dall’Acqua dice essere il murale di Lazzarini “monumento” … “celebrazione oltreché invenzione, positiva presenza cittadina, stimolo alla socialità”.
E poi, perché non farlo?, ammiriamo la varietà della sua concatenazione scultorea, anche se personalmente sarei attratto dal citare le sue principali tappe espositive singole e con altri, i premi ottenuti, come le collezioni pubbliche che ne conservano i lavori in un insieme fortunatamente già affidato alla memoria scritta e parlata. E’ così giusto dar luce, lodandola, a quella sua Scultura con la “S” maiuscola che, allineata a tutto il resto, possiede un propria logica ben lontana dal così detto “simbolismo emotivo”, dato che non cade nel semplice descrittivismo né nell’illustrazione fine a se stessa.
Giovanni Lazzarini si avvale, passo dopo passo, di una grammatica espressiva ben precisata con particolari “forme/formate” che inducono i fruitori, soprattutto i più preparati e sensibili, a rendersi subito conto dei motivi per cui le ha fatt. Senza sottolineare il tempo, ovvero i periodi delle realizzazioni scultoree, né alcune delle delle sue amate tematiche tipo la serie delle “maschere”, e neppure altre che si incuneano nell’universo dei protagonisti del mare (splendido il bronzo raffigurante il “Marinaio” del 1991), nel mito e nella storia (faccio riferimento pure alle vetrate tonde) – la sua versatilità creativa ha consegnato alla collettività un proprio messaggio.
Lazzarini è sempre stato un uomo libero, nel senso che non ha mai rinunziato alla propria artisticità, lontano come era da quel condizionamento finanche troppo di moda oggi come allora, nel senso della massificazione. Le sue stagioni non hanno scalfito il continuo senso di ricerca e dell’essere nel proprio tempo. Vado avanti dicendo di lui, al passato o al presente ed ecco che nel suo respiro scultoreo le forme, come le figure maschili e femminili, si alternano con un’intensità dinamica ricca di equilibri atti a presentarci la testimonianza del suo e del nostro mondo.
In lui c’è l’uso di una vitalità assai figurale con la rielaborazione autonoma, persino rivissuta, degli amatissimi angoli della darsena e del porto viareggino, ma non mancano certi tocchi di natura quasi stazionale e fantasiosa. Ecco così tondi o gruppi, con facce tormentate dal dolore o dalla fatica, bassorilievi e altro in cui è evidente una esplorazione arcaicizzante, il ritorno alla purezza, ben lontana da talune deleterie correnti della contemporaneità, popolate persino da firme che non amano l’autografia affidandosi solo alla propria idea (utile, senza dubbio!) ma consegnandosi all’altrui tecnica con la conseguente proposta di qualcosa il più delle volte “senz’anima”, ma chiudo subito l’argomento “spinoso”.
Qui il protagonista è solo un artista: Giovanni Lazzarini. Quante, quante cose avrei da dire su di lui ricordando, impossibile farlo in completezza, i miei colleghi del passato e dell’oggi e tutti gli altri “firmatari del tempo” che hanno analizzato e lo fanno tuttora la grande mole di opere che ha lasciato. Dimenticavo, non è passato inosservato anche ad alcuni studenti di Accademie di Belle Arti che l’hanno inserito nelle loro tesi.
I miei appunti odierni sono soltanto un invito, rivolto a tutti, ad abbracciarne il lungo cammino percorso, e così i metalli, le pietre e le plastiche e i legni “formati” si uniscono ai disegni e alle pitture di piccole ed ampie dimensioni, pure ai suoi scritti, diventando – come è già stato detto- un vero e proprio “diario per immagini” con un’essenza di bellezza/contenuto alla quale potremo attingere, giuste le parole di una giovane poetessa versiliese che tanti anni fa ha scritto: “Cammina… Crea, sogna , soffri, rallegrati, vivi ma semina, per chi vicino sia”.
Giovanni Lazzarini l’ha fatto e per questo, ringraziandolo, gli dico, gli diciamo che non lo dimenticheremo poiché il tempo- da giudice inflessibile- ha già dato su di lui il proprio positivo responso.”
Critico d’arte e giornalista Lodovico Gierut