“Giovanni Lazzarini a Viareggio lo chiamano tutti “Menghino”. E’ un soprannome che indossa con versiliese disinvoltura. In vita sua ha fatto un po’ di tutto, passando attraverso le esperienze più diverse. Ma la pittura è stato il suo primo amore, quello che non si scorda ed al quale è rimasto costantemente fedele, anche quando certe vicessitudini volevano allontanarlo da tele e pennelli.
“Menghino” ha fatto anche il carrista. E’ un’ esperienza che tuttora non rinnega, ma che ha collocato al posto giusto ed a cui ha dato una giusta misura. Dal Carnevale i suoi quadri hanno conservato la matrice spontanea e popolare, non quella contenutistica. Perché Lazzarini si porta dietro un impegno sociale cui mal si addice la spensieratezza carnevalesca. Ricordiamo del resto che anche nelle sue costruzioni allegoriche si inserì sempre il gusto della meditazione e della satira ragionata. Della popolarità dell’ arte, Lazzarini è convinto assertore. La sua esperienza di “murali” non è casuale, ma risponde ad una esigenza intima di partecipazione culturale della città nella città. E di Viareggio l’ artista ripropone la storia dall’ interno, negli olii come nei disegni, nelle acqueforti come nelle litografie.
Dalla lezione vianesca, ascolta con attenzione e ritradotta secondo i canoni di una necessaria personalizzazione, Lazzarini è passato alla lettura degli impressionisti, dei bizantini. Il sapore di antico che ti viene alla bocca nel guardarlo è il frutto maturo di una lunga rielaborazione di temi: la fatica, il dolore, il male di vivere. Ma c’è una convinta pacatezza conquistata con sofferenze e proposta nell’inquietante tondo della figura. Gente di mare per lo più. Scene di vita che col mare hanno a che vedere. La sostanza più intima del nostro territorio che si espone in sintesi.
Storia, dicevamo, nel senso più completo della parola, con un epico profumo che sembra provenire da lontano e invece esala dalla quotidianità di ciò che fu e, a suo modo, è ancora nel nostro popolo. Un popolo provato e indurito, dai tratti rudi, dalle mani rese bitorzolute, dal corpo sformato. Ma vivo e vero. Anche se oggi non sarebbe facile trovare in giro i volti che Lazzarini descrive, quei volti esistono. Sono l’anima stessa della gente, invano camuffata da belletti e sovrastrutture. Sono la fisionomia stessa della gente vista dal di dentro, attraverso un cammino di secoli. Sotto questo aspetto la pittura di Lazzarini è popolare, anzi è “popolo”: una definizione che ci piace.
…Viareggino come Lorenzo Viani e portato come lui a dipingere il modo di vita della propria gente, di umili e proletari, Lazzarini non ne condivide, tuttavia, né risentimenti né drammaticità. Per i suoi personaggi Lazzarini dimostra una prorompente partecipazione del sentimento, una profonda simpatia e grande carica di umanità. Un pittore insomma, che sa penetrare nel fondo dell’anima popolare.
Questo è ancora un motivo perché nei suoi quadri resta sempre qualcosa di palpitante, quasi che egli continuasse a restarvi intrigato con la sua ansiosa presenza. E ciò spiega anche il suo discorso pittorico fatto di semplicità e schiettezza. Soltanto per questo Lazzarini merita una giusta affermazione ed un posto di grande rilievo nel campo artistico di oggi…”
GIANCARLO FUSCO: giornalista, scrittore, attore, sceneggiatore