Dal Periodico “Lucchesi nel Mondo”
Tra le iniziative culturali dell’Associazione nell’ultima parte del 2023 resta indimenticabile la visita alla mostra del pittore viareggino Giovanni Lazzarini, il popolare “Menghino”, a Villa Paolina, nel centenario della sua nascita, che abbiamo effettuato con la guida appassionata della figlia dell’artista signora Giovanna e il marito Lippi Carlo. Un artista a tutto tondo scomparso nel 2003, dopo una vita dedicata all’arte nelle molteplici declinazioni di cui era sorprendentemente capace. Una grandezza la sua , che mi rammarico di non aver avuto modo d, per caso o distrazione, di aver approfondito in precedenza; ma non è mai troppo tardi.
A partire da D’Annunzio e il tardo 800 tanti sono stati gli artisti, anche grandi nei rispettivi campi, che hanno cantato la Versilia e la viaregginità con espressioni di clamorosa risonanza, squillanti, sensazionali! Dalle marine incantate di Moses Levy alle disquisizioni filosofiche-letterarie degli intellettuali del ”Quarto Platano”, alla spensieratezza della gente di Mario Tobino “la vita una festa perpetua, la mente che ignora il domani…” alle tragedie del mare di Lorenzo Viani. Ma in Lazzarini invece “pittore del popolo”, i toni sono volutamente dimessi, il suo spirito viareggino è espresso con la costante e accorata partecipazione, con umana solidarietà verso la dura quotidianità dei poveri e derelitti: un profondo afflatto sociale che ne ha improntato sempre la sua cifra stilistica e filosofica, oltreché naturalmente politica.
Essendo il padre comandante del veliero “Il Garibaldino” una splendida imbarcazione mirabile esempio della migliore cantieristica viareggina, cresce in ambiente di marinai, tra alberi e vele, il profumo di salmastro mescolato agli odori di catrame e di pece dei cantieri; fin da ragazzo acquisisce esperienza di scafi e imbarcazioni di cui farà tesoro nel corso della sua lunga e variegata vita artistica. La darsena gli è più familiare della scuola e non si dà al mestiere della navigazione giusto per un difetto della vista. Allora disegna barche di ogni genere, studia storia dell’arte e si fa un primo prezioso bagaglio culturale da autodidatta. Fintanto che, circa trentenne, il suo interesse approda si può dire quasi naturalmente a quella che è l’arte viareggina per antonomasia: il Carnevale.
Per oltre un ventennio, salvo alcune esperienze di viaggi e contatti in Venezuela, rimane attivo nel settore con ben 37 costruzioni di carri, ottenendo 6 primi premi e 15 podi, collezionando altresì una quantità di “censure” per gli argomenti a volte ritenuti un po’ troppo dissacratori. In molti casi i suoi carri sono stati dei veri e propri atti di accusa verso una società borghese e perbenista di cui denuncia l’ipocrisia e l’assoluta indifferenza ai bisogni delle classi indigenti e più deboli. Una fervida sensibilità sociale la sua, che trae origine dall’osservazione e il raffronto tra la povertà e il faticoso lavoro del mare, in contrasto con la rutilante cantieristica del lusso da diporto: uno squilibrio abnorme, decisamente per Menghini inaccettabile! Ma parallelamente all’ampia serie di opere di argomento carnevalesco di questo periodo Lazzarini, animato com’è da quella costruttiva curiosità sia artigianale che intellettuale che poi è stimolo alla di ogni sviluppo creativo, si dà alla ricerca febbrile di nuove tecniche, al trattamento dei materiali più disparati, sculture in legno, creta, ceramica e bronzo, all’acrilico e quindi ovviamente dipinti a olio, disegni, incisioni, litografie.
Nel 1976 lascia il Carnevale per dedicarsi completamente alla professione di pittore, confortato dal giudizio lusinghiero anche di buona parte della critica ufficiale. E da pittore l’attività è ancora più frenetica,: studia, legge di continuo libri e riviste di ogni genere, visita mostre e musei e ben presto acquisisce il suo stile ben definito, rivolto prevalentemente ancora al mondo viareggino che gli è caro, quasi nella foga ora di una ritrovata giovinezza. Nei quadri ad olio descrive il suo ambiente di marinai e dei pescatori, dei calafati delle donne che vendono il pesce o caldarroste sul molo, una umanità derelitta dagli sguardi intensi ma peresi nel vuoto, con quella ossessiva reiterazione drammaticamente espressionista delle mani ingigantite, nodose e deformi che raccontano la fatica prolungata e quotidiana, la lotta per l’esistenza! Voli leggiadri di gabbiani si stagliano in alto maestosi, ma in un cielo che non ha “l’immacolato celeste delle sere di maggio” esaltato da Tobino né l’abbacinante solarità tirrenica di Moses Levy, ma è cupo di mezzi toni o sbiadito, anche questo messaggio espressionista di un animo partecipe di vite sofferte!
Nella sua indiscutibile originalità il nostro Menghino non disdegna tuttavia qualche omaggio ad alcuni grandi della storia dell’arte, che si intuisce abbia studiato e apprezzato, come Matisse in un delizioso “Interno di camera con donna“ Van Gogh in certi rosso-arancioni di tramonti mozzafiato sulle darsene. Pregevoli le sue litografie dai tratti eleganti, i soggetti sono ancora per lo più marinai, e i disegni a penna, a china e i collage, addirittura i fumetti satirici in una travolgente fantasmagoria di immagini! Ci sono poi numerose le sue famose vetrate retro-illuminate, dai colori sfavillanti nei diversi stili dal liberty maturo all’informale. Il soggiorno in America Latina gli suggerì i murales, dei quali ha lasciato numerosi esempi; stupendi quello eseguito per l’inaugurazione della Camera del Lavoro nonché quello, ricco di motivi, che prende un’intera parete esterna della Chiesetta dei Pescatori in darsena. Una ingente produzione, in tanti anni di attività, caratterizzata da una estrema, quasi unica e incredibile poliedricità!
Ma la spiccata sensibilità dell’uomo e dell’artista, pur trovando sfogo e espressione nella miriade di tecniche artistiche praticate, non poteva limitarsi all’arte figurativa e, condensata nel volume “Lazzarini opere di grafica e poesia” con la prefazione di Alfonso Gatto, ci ha lasciato anche una notevole produzione poetico-letteraria. Praticamente nei versi c’è una summa di tutti i motivi che hanno scandito la sua esistenza: l’ideologia politica, il senso della solitudine, il mare visto in tutti gli aspetti alla maniera di Byron “magnifico e terribile”, l’avvicinarsi della vecchiaia e ahimè la malinconia del senso del nulla! Com’è evidente il viscerale attaccamento e la continua narrazione della sua città nell’arte di Lazzarini non scade mai nel mero provincialismo.
Anzi è proprio della vita quotidiana di questa nostra fantastica Viareggio, dal microcosmo delle sue varie tipologie di uomini e donne descritti, dalla partecipazione umana così radicata in lui, che l’artista trae la migliore spirazione dei più forti sentimenti universali. E quando per di più l’arte si sposa con la maestria artigianale più sapiente, come avviene sistematicamente nell’opera di Giovanni Lazzarini il risultato è stupefacente nel tempo!